Giovedì 1 Maggio – Grotta Sant’Anna la Vecchia (Monte Calvana – Prato)

,

Partecipanti: Emiliano Barneschi, Elisa Peloso, Emanuele Ameglio

Partiamo alle ore 8:30 direttamente dalla sede del gruppo, dopo aver recuperato corde e attrezzatura, poiché nei giorni precedenti non avevamo avuto modo di organizzarci meglio. Arriviamo a Prato e, dopo una buona colazione, iniziamo la salita in auto verso la Calvana, facendo attenzione alle numerose buche, per avvicinarci il più possibile all’ingresso della grotta. Nonostante tutto, l’avvicinamento richiede comunque una quarantina di minuti a piedi.
Siamo abbastanza carichi: la grotta, pur non essendo molto profonda, presenta pochi pozzi concatenabili, quindi servono diverse corde.
All’ingresso della buca notiamo un armo singolo, che però non serve per la discesa vera e propria, dato che subito dopo l’entrata si apre una saletta. Entriamo quindi “in libera” e, poco dopo, raggiungiamo il primo pozzetto elicoidale, di circa sette metri. Decidiamo di armare con una corda da 50 metri in modo da concatenarlo direttamente con il secondo pozzo, più importante, di 18 metri, che si apre subito dopo.
Già dall’ingresso la grotta si presenta molto fangosa, più di quanto ricordassi. Procediamo comunque con l’armo: ci sono molti fix, messi nel tempo, che però, a causa della cattiva qualità della roccia, tendono a perdere aderenza. Ne troviamo due ancora in buono stato, anche se molto bassi — cosa che renderà l’uscita piuttosto faticosa.
Armo il pozzo e inizio la discesa: tra il pozzetto e quello principale c’è un tratto in cui realizzare il traverso per l’accesso al pozzo da 18 metri, frazionato con tre armi doppi, necessari per cambiare direzione più volte.
Arrivati in fondo, ci aspettano circa 100 metri di discesa su massi. È molto impegnativa a causa del fango, che rende ogni appoggio estremamente scivoloso. La lunga rampa termina con una strettoia chiamata “La Pressa”, oltre la quale si apre un pozzetto di 12 metri, preceduto da un traverso armato con due armi doppi.
L’aria in grotta è stagnante e pesante; il fango ostacola ogni movimento. Ma la voglia di raggiungere la famosa Sala delle Meraviglie ci spinge avanti. Proseguiamo attraverso un meandro stretto e scivoloso, fino a un primo pozzo armato con corda fissa, utile soprattutto in risalita, poiché il fango impedisce di trovare appoggi stabili. Infine arriviamo a un pozzetto di 8 metri, dove gli armi sono predisposti per una chiave da 17, così come nel successivo — fortunatamente me ne ricordavo e l’avevo portata.

Anche questo pozzo è concatenabile con il seguente, da 15 metri. Dopo questa discesa, si prosegue in libera tra alcuni massi fino a raggiungere il pozzo che porta alla Sala delle Meraviglie. Dico a Elisa di armarlo lei, così da garantirle l’effetto “wow”!
L’armo è particolare: si parte da una parete con un armo doppio e si scende lateralmente in appoggio fino a una serie di stalagmiti, da cui si realizzano un paio di deviatori per indirizzare la corda verso sinistra, fino a un altro armo doppio che consente la discesa finale.
Finalmente, dopo qualche altro metro tra i massi, si apre davanti a noi la sala tanto attesa: davvero spettacolare. Qui il fango sparisce e il bianco pulito delle concrezioni ci permette di distinguere molte formazioni diverse, dalle eccentriche alle vele, fino alle colate. Il tempo vola. Oltre la sala si trova una strettoia – il “Passo del Serpente” – particolarmente impegnativa. Voglio farla e mostrarla a Emanuele, mentre Elisa ci ricorda che dobbiamo iniziare a risalire a breve. Passo la strettoia ed invito Ema a seguirmi, ma lui declina, ricordando che è tempo di rientrare.

Tornando indietro, rimango bloccato: un cordino sottilissimo che legava la chiave inglese al moschettone si era sciolto dall’imbraco e si era incastrato in una roccia. Non potevo né avanzare né arretrare. Alla fine chiedo agli altri di passarmi il coltellino e risolvo tagliandolo di netto, la chiave era ancorata al moschettone quindi tutto sommato non perdo niente, nemmeno il cordino, che taglio vicino al moschettone quindi mi rimane quasi tutto.
Dopo un po’ di riposo, iniziamo la risalita verso l’uscita. È stata durissima: il fango sulle corde impediva ai bloccanti di funzionare correttamente, e le suole non aderivano alle superfici.
Una volta fuori, capiamo l’utilità di quel fix esterno notato all’inizio: senza un cordino d’aiuto, per uscire tocca fare forza su braccia e schiena a contrasto con la roccia. Insomma, a fine giornata eravamo pieni di lividi!

Considerazioni finali

  • Stato della cavità: Grotta in condizioni fangose e impegnative, con armature esistenti in parte deteriorate.
  • Qualità dei fix presenti: variabile; alcuni in buono stato, altri non affidabili.
  • Sicurezza: È consigliato verificare tutti gli armi prima dell’utilizzo e dotarsi di chiavi da 13 e 17.
  • Attrezzatura utile: cordini corti di emergenza e per fare i deviatori su armi naturali, coltellino da autosoccorso, circa 25 piastrine fino alla sala delle meraviglie.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *